I flussi di TFR tra previdenza complementare e altri utilizzi

Per effetto della normativa attualmente in vigore, al lavoratore dipendente del settore privato spettano diverse opzioni riguardo alla destinazione delle quote maturande di Trattamento di fine rapporto (TFR):

 

 far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità tacita: se entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore non ha effettuato alcuna scelta con riguardo al proprio TFR, il datore di lavoro fa confluire il TFR maturando alla forma previdenziale collettiva di riferimento o, in mancanza di questa, a FONDINPS;
far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità esplicita: il lavoratore può decidere di versare il proprio TFR alla forma previdenziale da lui stesso designata investendo, oltre al TFR maturando, anche una quota di contribuzione aggiuntiva (propria e eventualmente del datore di lavoro) che sarà interamente deducibile dal reddito complessivo entro la soglia annua di 5.164,57 euro;

mantenere il regime del TFR con modalità esplicita: accantonandolo presso l’azienda di appartenenza nel caso quest’ultima abbia meno di 50 dipendenti ovvero, nell’ipotesi di un numero di dipendenti pari o superiore a 50, destinandolo al Fondo di Tesoreria;
ricevere il TFR in busta paga mensilmente con modalità esplicita: la scelta diventa irrevocabile dalla data di esercizio fino al 30 giugno 2018. La facoltà è disponibile anche per tutti coloro i quali hanno già effettuato la scelta riguardante il TFR, sia nel caso di destinazione a un fondo pensione sia di conservazione del regime di cui all’art. 2120 c.c.
Nel 2015 il flusso complessivo di TFR generato nel sistema produttivo può essere stimato in circa 24,9 miliardi di euro; di questi, 13,7 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende, 5,5 miliardi versati alle forme di previdenza complementare e 5,6 miliardi destinati al Fondo di Tesoreria. Dall’avvio della riforma, la ripartizione delle quote di TFR generate nel sistema produttivo fra i diversi utilizzi è rimasta pressoché costante: circa il 55 per cento dei flussi resta accantonato in azienda, un quinto del TFR viene annualmente versato ai fondi di previdenza complementare e il residuo viene indirizzato al Fondo di Tesoreria.

Utilizzo Tfr
Per quanto riguarda la possibilità di avere le  quote di TFR in busta paga (cosiddetta Quota integrativa della retribuzione o Qu.I.R.), facoltà concessa dalla Legge 190/2014 ,Legge di Stabilità 2015), non si dispone di informazioni di dettaglio sul
numero di iscritti che nel corso del 2015 ha fatto questa  scelta,  tuttavia, osservando l’ammontare di TFR destinato alle forme pensionistiche nel 2015 non si ha evidenza di riduzioni, sia nell’importo complessivo sia in quello pro capite, che potrebbero derivare dal meccanismo del TFR in busta paga. Più in generale, comunque, non risultano al momento disponibili dati sul numero dei lavoratori optanti e sull’ammontare complessivo dei versamenti in busta paga; alcune indagini compiute da associazioni di categoria stimano il fenomeno di entità comunque marginale (intorno all’1 per cento della platea potenziale).
La concreta scelta sulla modalità di utilizzo del TFR per un dipendente privato dipende dai rispettivi profili di convenienza . Di particolare rilievo è l’aspetto fiscale. La Qu.I.R. è tassata ad aliquota ordinaria con le relative addizionali comunali e regionali, meno favorevole rispetto all’imposta sostitutiva che grava sulle prestazioni erogate dalle forme complementari, nonché rispetto alla tassazione separata sul TFR erogato dall’azienda di appartenenza in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Possibili utilizzi ulteriori del tfr sono connessi al rilancio della previdenza complementare. Infatti l’idea portante è quella di consentire ad ogni singolo lavoratore di poter aderire versando  una parte, tutto o niente del proprio trattamento di fine rapporto maturando ed anche quello maturato in precedenza.