Tanto mattone, tanti titoli del debito pubblico e, soprattutto, tanto estero. Il risparmio previdenziale veicolato dalle Casse dei professionisti (circa 80 miliardi nel 2016) ha generato un piccolo rivolo di finanziamenti alle imprese italiane, appena 6,3 miliardi; 100 milioni in più del 2015. Un valore che rappresenta sì e no lo 0,2% delle forme di finanziamento delle aziende. Il dato, che conferma ancora una volta la lontananza siderale di questi soggetti collettivi dall’economia reale, arriva dall’ultimo report pubblicato dalla Covip sulle politiche di investimento delle venti Casse vigilate.
Nell’anno in cui hanno fatto il loro debutto tra gli azionisti della Banca d’Italia (un miliardo di euro sottoscritto) e contemporaneamente ingranato una clamorosa retromarcia sull’ipotesi di intervento diretto nel fondo salva banche Atlante, le Casse hanno fatto arrivare alle imprese nazionali 3,3 miliardi (3,2 nel 2015) acquistando obbligazioni e confermando i tre miliardi di azioni già detenute. Si tratta di meno di un quinto degli investimenti domestici, pari a 32,9 miliardi, che a loro volta pesano per il 41% delle attività. E attenzione, gli investimenti nel “sistema Paese” non sono in crescita ma in calo: -1,7% rispetto all’anno precedente, mentre sono aumentati gli attivi investiti oltreconfine (+1,7%, pari al 41,5% del totale per un valore facciale di 33,1 miliardi). Se si esclude la liquidità, in prevalenza depositi bancari, gli investimenti domestici sono al 49,8% mentre quelli esteri salgono al 50,2 per cento.
Le scelte di investimento
Il report della Covip offre anche un raffronto con le scelte di investimento dei Fondi pensione, rivelando che questi ultimi sono stati soggetti a un’esterofilia ancor più marcata: fuori dall’economia domestica hanno investito l’anno passato 69 miliardi (il 56,4% del totale) mentre in casa sono rimasti 39,9 miliardi, il 32,5% delle attività totali, pari a 122,5 miliardi, con un taglio del 2% sul 2015 in larga parte realizzato vendendo titoli del debito pubblico.
Il Sole24ore