È di pochi giorni fa l’ultimo monito dell’Ocse circa la sostenibilità del nostro sistema pensionistico. Secondo il Rapporto Working Better with Age, infatti, entro il 2050 potrebbero esserci più pensionati che lavoratori: sulla base degli attuali schemi pensionistici, l’Organizzazione stima che il numero di persone over 50 inattive o pensionate che dovranno essere sostenute dai lavoratori potrebbe aumentare di circa il 40%, arrivando nell’area Ocse a 58 su 100; in Italia nei prossimi trent’anni il rischio è di un rapporto uno a uno o addirittura di più over 50 fuori dal mondo del lavoro che lavoratori. Il che metterebbe quantomeno in discussione non solo la stabilità finanziaria del nostro attuale sistema di protezione sociale, ma anche l’adeguatezza delle prestazioni che è chiamato a garantire.
Alle previsioni dell’Ocse si aggiungono le ipotesi formulate dal Working Group on Ageing di cui si avvale l’Unione Europea (WGA) e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che delineano un quadro per il nostro Paese tutt’altro che roseo. In questi scenari economici, la dinamica tendenziale della produttività, della crescita e dell’occupazione sono stimate sistematicamente al di sotto delle medie europee. E in una popolazione che invecchia, ancora una volta, il rapporto tra pensionati e occupati aumenta.
Ma le variabili alla base di queste previsioni come la demografia, il mercato del lavoro e, più in generale, lo sviluppo sono già tutte scritte? Lo scenario che ne deriva per l’Italia è per forza così grigio o esiste un’ipotesi di crescita alternativa? La nostra spesa pensionistica sarà davvero insostenibile in futuro?
L’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate “Sostenibilità della spesa per pensioni in un’ipotesi alternativa di sviluppo”, curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e che sarà presentato il prossimo 13 novembre, propone una diversa chiave di lettura riguardo al futuro del nostro Paese in una prospettiva più ottimistica, individuando le aree di intervento sulla quali poter lavorare. Alla base dello studio la convinzione che sia necessario analizzare le proiezioni elaborate dagli organismi comunitari e internazionali per i prossimi decenni, esaminandone in maniera scientifica le ipotesi sottostanti, perché è da queste valutazioni della nostra economia e dalle raccomandazioni che ne derivano che dipendono le scelte strategiche in materia di welfare.
Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
fonte: il punto pensioni e lavoro