Le posizioni in essere
A settembre del 2019, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari hanno raggiunto il numero di 9 milioni; al netto delle uscite, la crescita dall’inizio dell’anno è stata di 262.000 unità (3 per cento). Nei fondi negoziali si sono registrate 119.000 iscrizioni in più (4 per cento), portando il totale delle posizioni a fine settembre a 3,121 milioni. La gran parte della crescita netta è spiegata dai dieci fondi con attivi meccanismi di adesione contrattuale. In particolare, il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile, pur avendo attivato tale meccanismo già dal 2015, continua a raccogliere nuove adesioni contrattuali per effetto della forte mobilità occupazionale che caratterizza il settore di riferimento. Nelle forme pensionistiche di mercato offerte da intermediari finanziari, i fondi aperti totalizzano 1,520 milioni di posizioni, crescendo di 58.000 unità (3,9 per cento) rispetto alla fine dell’anno precedente. Nei PIP “nuovi”, il totale degli iscritti è di 3,360 milioni; la crescita nel semestre è stata di 85.000 unità (2,6 per cento). Nei fondi preesistenti le posizioni all’ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di giugno, erano pari a 652.000.
Le risorse in gestione
Le risorse complessivamente destinate alle prestazioni ammontano, alla fine di settembre, a 180 miliardi di euro; il dato non tiene conto delle variazioni nel periodo dei PIP “vecchi”. Il patrimonio dei fondi negoziali, 55,4 miliardi di euro, risulta in crescita del 9,9 per cento rispetto a fine 2018. Le risorse accumulate presso i fondi aperti corrispondono a 22 miliardi di euro mentre i PIP “nuovi” totalizzano 34 miliardi; nei nove mesi l’aumento è stato, rispettivamente, del 12,3 e del 10,7 per cento.
I rendimenti
A partire dall’inizio del 2019, i corsi sia delle azioni che delle obbligazioni hanno registrato una crescita. Per le obbligazioni, tale andamento ha corrisposto al calo dei rendimenti, che hanno raggiunto un minimo storico in agosto per il consolidarsi di aspettative di ulteriore rallentamento della crescita del prodotto e per le nuove decisioni di politica monetaria in senso espansivo; inoltre, nel terzo trimestre, per i titoli italiani ha avuto luogo anche una riduzione consistente del premio per il rischio sovrano. Per le forme pensionistiche complementari l’andamento complessivo dei mercati si è tradotto in rendimenti di periodo positivi, Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato il 6,4 per cento; il 7,2 e il 9,4, rispettivamente, i fondi aperti e i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato è stato inferiore (1,3 per cento). Tali rendimenti in corso d’anno consolidano ancora quelli registrati nel decennio precedente, orizzonte più proprio per valutare il risparmio previdenziale. Nel periodo da inizio 2009 a fine dicembre 2018 (dieci anni), ii rendimento medio annuo composto è risultato pari al 3,7 per cento per i fondi negoziali, al 4,1 per i fondi aperti e al 4 per i PIP di ramo III; al 2,7 per cento per le gestioni separate di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2 per cento.