Istat: il 12,2% dei pensionati non supera i 500 euro mensili

Il 15 gennaio 2020 l’Istat ha reso noto il suo Report sulle condizioni di vita dei pensionati italiani. Un quadro pieno di ombre e luci: Nel breve periodo non si prevedono grandi cambiamenti. Nell’immaginario collettivo le pantere grigie sono  coloro che rubano il futuro ai giovani grazie a pensioni generose e non guadagnate, ma se si disaggregano i dati non sembra che sia proprio così. Se poi teniamo conto delle prossime intenzioni del governo sulla riduzione delle tasse ai lavoratori dipendenti, i pensionati che viceversa non avranno nessuno sconto e che si sono dovuti  accontentare dei pochi centesimi di rivalutazione per quest’anno, con i loro 50 miliardi di tasse contribuiranno in maniera sostanziosa alla riduzione del cuneo fiscale. Questi sono i fatti, il resto chiacchiere. E veniamo ai dati comunicati dall’Istat.
Nel 2018 sono stati spesi 293 miliardi di euro per pensioni. Il numero dei pensionati nel 2018 rimane di 16 milioni rispetto al 2017, mentre permane anche una forte  disuguaglianza degli importi: al quinto con redditi pensionistici più alti va il 42,4% della spesa complessiva. Un pensionato su quattro percepisce un reddito lordo da pensione sopra i 2.000 euro.
Oltre un terzo dei pensionati vive in coppia senza figli (35,5%), poco più di un quarto da solo (27,4%). Per quasi 7 milioni e 400mila famiglie con pensionati, le pensioni rappresentano più dei tre quarti del reddito familiare disponibile. In calo i pensionati da lavoro che dichiarano di essere occupati (-21,3% rispetto al 2011).
La spesa per pensioni è il 16,6% del Pil, valore appena più alto rispetto al 2017 (16,5%), segnando un’interruzione della tendenza alla riduzione.  Gran parte della spesa (265 miliardi, il 91% del totale) è destinata alle pensioni IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti), legate a un pregresso contributivo proprio o di un familiare, a cui si aggiungono 4,2 miliardi erogati a copertura di 716mila rendite dirette e indirette erogate per infortuni sul lavoro e malattie professionali.
Le pensioni assistenziali (invalidità civile, pensione sociale e pensione di guerra) sono circa 4,4 milioni e impegnano 23,8 miliardi. Si riduce il rapporto tra numero di pensionati IVS e occupati. Nel 2018 ci sono 606 pensionati da lavoro – con pensione diretta o indiretta – ogni 1.000 persone occupate, erano 683 nel 2000. Il rapporto è diminuito di quasi 6 punti nei sei anni successivi alla riforma del sistema pensionistico del 2012, mentre nei precedenti dodici anni si era ridotto di 2 punti.


Le distribuzioni territoriali delle pensioni  risentono sia delle differenze nei livelli e nella dinamica dell’occupazione sia della diversa struttura per età della popolazione tra regioni, mediamente più anziana nel Nord del Paese.  Più del 50% della spesa complessiva è erogata a residenti al Nord, soprattutto come beneficiari di pensioni IVS – il resto nel Mezzogiorno (27,8%) e al Centro (21,1%). Il tasso di pensionamento risulta più elevato al Nord (262 pensionati ogni 1.000 abitanti), scende nel Mezzogiorno (257) ed è in assoluto più basso al Centro (253). In media si calcolano 259 pensionati ogni 1.000 abitanti; tale valore è più alto per le donne in conseguenza della maggiore speranza di vita che aumenta la probabilità di diventare percettrici di pensione indiretta.  L’importo medio lordo dei singoli trattamenti nel 2018 non supera i 500 euro mensili per le pensioni assistenziali e ammonta a quasi 1.469 euro per quelle di vecchiaia (17.634 euro annui). Il reddito pensionistico, ottenuto considerando che un percettore può cumulare più trattamenti, sale in media rispettivamente a 1.175 euro e a 1.800 euro mensili.
Il 36,3% dei pensionati riceve ogni mese meno di 1.000 euro lordi, il 12,2% non supera i 500 euro. Un pensionato su quattro (24,7%) si colloca, invece, nella fascia di reddito  superiore ai 2.000 euro.  Il divario di genere è a svantaggio delle donne, più rappresentate nelle fasce di reddito fino a 1.500 euro. La concentrazione di percettori uomini, invece, è massima nella classe di reddito più alta (3.000 euro e più) dove ci sono 266 pensionati ogni 100 pensionate.  Le donne sono la maggioranza sia come percettrici di pensioni (55,5%) sia come pensionate (52,2%), ma ricevono il 44,1% della spesa complessiva. L’importo medio delle pensioni di vecchiaia è più basso rispetto a quello degli uomini del 36,7%, quello delle pensioni di invalidità è del 33,8%. Per le pensioni di reversibilità invece le donne percepiscono 1,5 volte l’importo degli uomini. Lo svantaggio delle donne si spiega con il differenziale salariale dovuto a minor stipendio e minor lavoro. Le donne sono titolari del 44,3% delle pensioni di vecchiaia, del 45,8% delle invalidità previdenziali e del 26,5% delle rendite per infortunio sul lavoro. La presenza femminile è invece dominante tra le pensioni ai superstiti (86,3%), anche per una più elevata speranza di vita, e tra le pensioni assistenziali.