I 10 anni dalla soppressione dell’Inpdap

Il decreto “Salva Italia” – D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 – forse salvò l’Italia, ma a farne le spese fu l’Inpdap che con quel decreto fu soppresso e trasferito armi e bagagli (patrimonio e personale) dalla sera alla mattina, all’Inps. Fu la più grande operazione di semplificazione del sistema previdenziale italiano, resa possibile da una serie di circostanze che presenta molte analogie con quelle attuali. Allora c’era una crisi economica in atto e a risolverla fu insediato un governo tecnico, non eletto dal popolo, ma legalizzato dall’appoggio di un ampio schieramento parlamentare. Oggi da febbraio abbiamo il governo Draghi, chiamato a risolvere la crisi sanitaria e la conseguente crisi economica sociale. Si deve sottolineare che data la situazione esistente in Parlamento sia nel 2011 che oggi, forse era l’unica cosa da fare.
Fra le due crisi, quella dello spread impazzito a seguito della crisi dei subprime che raggiunse il culmine proprio nel 2011 e quella della pandemia di oggi, la differenza sostanziale è che allora si praticava la politica di austerità che ci minacciava di default, come era successo per la Grecia e per evitarlo si tagliava ovunque a torto o a ragione, avendo il governo le mani libere ( solo così la Fornero poteva permettersi di alzare l’età pensionistica di colpo a 67 anni), mentre il tecnico bis, Draghi al contrario, si trova sul piatto un sacco di soldi da spendere e che per la sua formazione, la sua competenza di liberal old style (non si dimentichi che fu lanciato da Berlusconi che lo nominò governatore della Banca d’Italia), tutti sono convinti che saranno spesi presto e bene.
La vittima più illustre della politica di austerità, fu l’Inpdap, soppresso all’improvviso senza una sostanziale opposizione di nessuno, bruciando tutti i ragionamenti che pure si facevano da tempo sulle possibili sinergie fra i due enti previdenziali, l’Inps e l’Inpdap o la creazione di un ente nuovo con una governance paritaria. Da tempo si vagheggiava e vaneggiava su improbabili holding, cabine di regia previdenziali, case del welfare e frivolezze del genere. Chiaramente nessuno aveva la forza politica per realizzare quest’ulteriore passo di semplificazione degli enti strumentali della previdenza italiana.

  • Il governo Monti sciolse il nodo gordiano e tutti applaudirono.
    Qualcuno si ricorda per caso la proposta di costituire l’INPU (Istituto nazionale di Previdenza unificato)?
    Il Super Inps, come fu immediatamente chiamato, fu vissuto in maniera traumatica da parte del personale dell’ente fagocitato.
    Ma proprio sul versante del personale, l’Inps invece è stato fortunatissimo, perché, contrariamente al pensiero comune, non solo ha acquisito degli specialisti previdenziali di cui ignorava l’esistenza, ma si è trovato ad essere servito su un vassoio d’argento un personale coeso ed omogeneo ( spirito di corpo si sarebbe detto in passato), in quanto la parte più complicata del processo di amalgamazione delle diverse culture amministrative e procedurali esistenti fra le varie “famiglie professionali “ confluite nell’Inpdap, era grosso modo già stato completato, mentre il processo di reingegnerizzazione delle procedure di questo coacervo magmatico, marciava a tappe spedite. Perché il personale confluito all’Inps, e che per un periodo di tempo non breve ha convissuto con i nuovi colleghi come separati in casa, in posizione sostanzialmente minoritaria e di emarginazione ( sdegnosamente respinta a chiacchiere nelle retoriche dichiarazioni ufficiali. Per fortuna molta acqua è passata sotto i ponti e la maggior conoscenza reciproca ha smussato molte diffidenze ed asperità), era un personale cresciuto, formato e consolidato negli anni precedenti. Partito come una sorta di armata brancaleone, poi aveva costruito un solido aggregato lavorativo qualificato e professionalizzato, con punte di eccellenza; personale, ohibò, orientato all’innovazione e alla sfida del miglioramento quotidiano della qualità e della quantità del lavoro, che lo si creda o no.
    La fase pre-incorporazione, quella di costruzione dell’Inpdap, è stata una fase feconda e proficua non da tutti conosciuta. Uno snodo necessario ed indispensabile. Che tutti tendono a dimenticare
    L’Inpdap come fu soppresso improvvisamente, improvvisamente nacque dal 18 febbraio 1993 con un decreto legge mai convertito: L’istituto fu poi formalizzato con il d.lgs. 30 giugno 1994, n. 479 e fu soppresso 18 anni dopo con il decreto “salva Italia” (DL 201/2011).
    L’INPDAP nacque dalla fusione degli enti:
    ENPAS (Ente nazionale previdenza assistenza dipendenti statali), competente per la liquidazione del TFR (indennità di buonuscita) del personale statale oltre a gestire un pezzo importante di welfare come le vacanze studio, le case per gli anziani;
    INADEL (Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali), competente per la liquidazione del TFR (indennità premio servizio) per i dipendenti degli enti locali oltre a pezzi di welfare;
    • l’ENPDEP (Ente nazionale previdenza dipendenti enti diritto pubblico), competente per la liquidazione dell’assegno funerario al personale degli enti di diritto pubblico.
    • Le casse pensioni gestite dalla Direzione Generale degli Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro) e cioè:
    CPDEL (Cassa pensioni dipendenti enti locali);
    CPUG (Cassa pensioni ufficiali giudiziari e aiutanti ufficiali giudiziari);
    CPI (Cassa pensioni insegnanti);
    CPS (Cassa pensioni sanitari).
    • Nel 1996, fu istituita la CTPS (Cassa trattamenti pensionistici statali).
    • Oltre alle pensioni le Casse gestivano anche il credito, come piccoli prestiti, cessioni del V° ecc.
    Gli Istituti di previdenza oltre che di personale dipendente dal Ministero del Tesoro, includevano contingenti di personale assunto a contratto privato ( Edili e Servizi)per la gestione del patrimonio immobiliare e della nascente informatica. Nel 1999, l’Inpdap acquisì inoltre le competenze pensionistiche e il personale dalle Direzioni provinciali del tesoro e nel frattempo era approdato all’Inpdap del personale in esubero dalle Poste, più altri contingenti degli Enti del parastato transitati per mobilità volontaria.
    La governance del nuovo Istituto e le forze sociali si trovarono di fronte all’impari compito di ricondurre ad un unico contratto collettivo, quello del Parastato, i numerosi contratti collettivi in essere, cioè quello statale, quello delle poste, quello degli edili e quello dei servizi. Premessa indispensabile per far decollare la nuova istituzione.
    Non è stata una cosa facile e indolore!
    Sono stati 18 anni di vita intensa, di passione, di scontri e dibattiti animati fra i dipendenti per il riconoscimento della professionalità acquisita. E chissà se qualcuno darà il giusto apprezzamento ai vari contratti integrativi che hanno in qualche modo appianato soddisfacentemente quasi tutte le questioni dando a tutti una prospettiva di crescita col riconoscimento delle competenze.
    Nessuno si renderà mai conto dello sforzo immane che è stato fatto nel breve periodo di vita dell’inpdap per la costituzione di un polo unico previdenziale nel mettere assieme sistemi, procedure, testi unici, circolari, messaggi, note di servizio, prassi, consuetudini, precedenti, ognuno diversi se non divergenti fra di loro. L’operazione coinvolse non solo gli ex enti soppressi, ma la Pubblica Amministrazione  nel suo complesso, fu coinvolta nell’operazione. Gli uffici del personale, non ancora trasformati in risorse umane( HR )dei ministeri, degli enti locali e del parastato furono coinvolti nella più gigantesca opera di formazione e rinnovamento che videro protagonisti dell’una e dell’altra parte i funzionari più qualificati.
    Mentre Gianni Billia in contemporanea con la nascita dell’Inpdap, nel 1994 aveva compiuta la sua prima rivoluzione informatica all’Inps, anche se si era all’età del bronzo dell’era digitale, mentre gli enti confluiti nell’Inpdap avevano ciascuno propri CED ( Centro elaborazione Dati), spesso alquanto obsoleti, che non solo non colloquiavano con gli altri, ma che ci si guardava bene dal voler creare un sistema comune, perchè ognuno tendeva a mantenere possesso dei suoi dati e all’epoca non solo non c’erano le “nuvole”, the clouds, ma neppure l’intelligenza artificiale e qualche volta difettava enormemente anche quella naturale.
    Il compito svolto dalle forze sociali fu non secondario e sebbene non mancassero momenti forte tensioni, di scontro e di lotta, tutti erano consapevoli che la scommessa in campo era la creazione di un ente pubblico in grado di dare le prestazioni per cui era nato con una managerialità efficientista.
    Il punto più complicato fu l’integrazione sia burocratica amministrativa che culturale nel nuovo ente. Ma pur fra le infinite dispute fra i dipendenti degli ex enti confluiti nell’Inpdap, chi dimenticherà le affollate assemblee della Cpdel nella sede sulla Cristoforo Colombo, le rivendicazioni dei postali sugli inquadramenti non corrispondenti alle qualifiche possedute, delle coerenti rivendicazioni dei dipendenti delle Direzioni provinciale del Tesoro, pur fra mille difficoltà l’ente prese corpo. In ultimo poi ci fu il problema degli interinali, chiamati a svolgere i compiti relativi alla cartolarizzazione del patrimonio immobiliare. Tutto questo lavoro sembrò perso con la soppressione di un Ente in cui si erano investite tante energie fisiche, intellettuali e finanziarie che tutto travolse e i lavoratori si trovarono come naufraghi sbattuti fra e onde aggrappati a relitti.
    Quello che sorprende fu la faciloneria con cui fu attuata l’operazione. Essa mise a nudo la non conoscenza del complesso mondo della pensionistica e della previdenza del pubblico impiego. Si vararono allora progetti di integrazione di personale, eccellenti sulla carta, molto carente all’atto pratico. Ma il piano di integrazione aveva una sua logica e infatti partì dai servizi di autogoverno comuni:
     Gestione delle Risorse Umane
     Informatica
     Ragioneria
     Organizzazione
     Formazione
     Sedi operative sul territorio
    Ma riuscita dell’operazione dell’incorporazione dell’Inpdap all’Inps senza che quest’ultimo collassasse immediatamente dal punto di vista funzionale, fu dovuta dalla possibilità di intervenire con l’integrazione immediata sulla prestazione principale dei due enti: la liquidazione delle pensioni, perché il Sistema Informatico dell’INPDAP fin dal 2007 si era basato sul “riuso” delle applicazioni informatiche dell’INPS, a dimostrazione che un processo sinergico già andava avanti da tempo.
    Infatti sulla liquidazione delle pensioni i due sistemi hanno utilizzare le stesse applicazioni, pur con le difficoltà derivanti dal fatto che se le attività di liquidazione delle pensioni sono affini, ci sono differenze sostanziali non di poco conto fra il settore privato basato essenzialmente sui contributi versati e quello pubblico basato sui provvedimenti adottati durante la vita di ogni lavoratore pubblico ( decreti, delibere ecc).
    Oggi, a distanza di dieci anni, pur sapendo che rimangono ancora molteplici difficoltà, differenze divergenze, il progetto che sembrava temerario nel 2011 ha fatto molta strada grazie alla collaborazione di tutti e oserei dire anche dall’apporto non dico determinante, ma certamente incisivo ed altamente professionalizzato ( smentendo ogni luogo comune) del personale che partito come ex Inpdap oramai nella quasi totalità si considera facente parte della famiglia  Inps.
    Camillo Linguella