Il comparto garantito è un flop

Chi si iscrive alla previdenza complementare deve anche scegliere come investire i propri risparmi. Le opzione sono vi vario tipo e si chiamano “Comparti”, c’è il comparto azionario, quello più remunerativo, quello obbligazionario ecc ed il comparto garantito.

In genere chi deve scegliere ignora i principi base della finanza, nonostante le varie campagne formative-informative e comunque ha scarsa propensione al rischio. Il comparto di investimento garantito è una delle opzioni più gettonate per i fondi di previdenza complementare. Questo tipo di comparto è pensato per chi cerca una maggiore sicurezza nel proprio investimento pensionistico, offrendo una garanzia di rendimento minimo o la restituzione almeno del capitale versato.

I comparti garantiti sono generalmente consigliati, oltre a chi preferisce un approccio più conservativo agli investimenti anche a coloro che sono prossimi all’età del pensionamento. Ma spesso il rendimento potrebbe essere influenzato dai costi maggiori dovuti alla garanzia stessa.
Ora si pensa di modificare profondamente questo comparto, se non eliminarlo del tutto.
Secondo il sole 24 ore bisogna prendere il coraggio a due mani e decidere una volta per tutte di mandare letteralmente in pensione le linee garantite dei fondi di previdenza integrativa. Altrimenti è inutile continuare a dichiararsi in apprensione per la crescente disaffezione degli italiani alla previdenza complementare.

Gli enti pensione, le società di gestione e la stessa authority del settore già da anni hanno preso atto della débacle dei comparti garantiti e hanno chiesto a più riprese una modifica legislativa. Alert che sono sempre caduti nel vuoto. Adesso bisogna rendere consapevole la classe politica della necessità di intervenire per rivedere le forme di tutela dei lavoratori, in particolare dei giovani che entrano nel mondo del lavoro e ancora oggi vengono dirottati per legge (ai sensi del DLgs 252/2005), se non esprimono alcuna scelta, sulle linee garantite che regolarmente non sono riuscite a offrire rendimenti comparabili con la rivalutazione del Tfr.
Per garantire i lavoratori tuttavia bisognerebbe ritornare al “lifecycle“, sempre snobbato a mai pubblicizzato. Consiste nel meccanismo secondo il quale all’inizio della vita lavorativa si investe nei settori più remunerativi e rischiosi, e poi man mano si avvicina il pensionamento investire nei settori più prudenti, come l’obbligazionario, per esempio.