Le novità  ( si fa per dire) sulle pensioni nella manovra 2025

Il presidente dell’Inps Fava nella audizione presso la Commissione bicamerale di vigilanza sugli enti previdenziali del 17 ottobre 2024 ha dichiarato che la sostenibilità del sistema pensionistico risente delle prospettive macroeconomiche deboli. Dopo la robusta ripresa a seguito della recessione del 2020 dovuta alla pandemia, la crescita del PIL reale ha rallentato ed è attesa rimanere su livelli contenuti: per il 2024 è stimata all’1% e allo 0,9% per il 2025.

Nel 2023 secondo le rilevazioni della Ragioneria Generale dello Stato1, la spesa pensionistica cresce rispetto al 2022 del 7,4%, attestandosi al 15,3% del prodotto interno lordo (PIL), uno dei più elevati d’Europa. Negli ultimi cinque anni è passata da 268 a 319 miliardi di euro (una crescita di quasi il 19%). Nel biennio 2023-2024 la spesa in rapporto al PIL aumenta significativamente portandosi sopra il 16%, anche a causa dell’elevato livello della perequazione imputabile al significativo incremento dell’inflazione. Negli anni successivi, la spesa in rapporto al PIL si mantiene sostanzialmente stabile fino al 2026, per poi riprendere ad aumentare moderatamente superando il 17% nel 2036.

Fatte queste premesse i provvedimenti pensionistici adottati nel disegno di legge della manovra per il 2025 sono la conseguenza logica dello scenario disegnato dal presidente dell’Inps.

In sostanza sono riproposti quelli del 2024 e l’unica novità è la possibilità degli impiegati pubblici di poter rimanere volontariamente al lavoro fino a 70 sempre che l’amministrazione ritiene necessario il loro l’apporto.

Per quanto attiene la previdenza complementare ci dovrebbe essere la riproposizione del silenzio assenso che fu un flop clamoroso già quanto fu proposto la prima volta nel 2007.

Un deciso ed inaspettato miglioramento riguarda il capitolo della rivalutazione delle pensioni.

Viene eliminato infatti il taglio degli aumenti per i trattamenti più elevati, come è accaduto negli ultimi due anni, con l’incremento delle minime.  Poi ci sono  incentivi fiscali per restare al lavoro. Queste le sole novità pensionist6iche per il prossimo anno.

Tuttavia rimangono i vari e molteplici canali delle possibilità di pensionamento anticipato rispetto all’età di 67 anni, da Quota 103 all’Ape sociale, dal canale cosiddetto “precoci” a Opzione donna. Ma non sono  passate Quota 41 e altre possibili soluzioni per andare in pensione prima.

Aumento delle minime

La pensione di 614,77 euro mensili aumenterà a 625 euro. Una soglia che potrebbe salire a 630.

Ape sociale e Opzione donna

In questo quadro vengono confermati Quota 103, frutto della somma tra 62 anni di età e 41 di contributi, l’ape sociale, prevista per coloro che svolgono lavori gravosi o si trovano in specifiche condizioni di disagio (caregiver, invalidi, disoccupati). E Opzione donna, che sarà confermata anche nel 2025.

incentivi per chi resta: il bonus Maroni

Il riferimento è al meccanismo anche oggi operativo in base al quale ai lavoratori dipendenti, del settore pubblico o privato, che abbiano raggiunto, o che raggiungano i requisiti di 62 anni di età e 41 anni di contributi, sarà permesso, se restano in servizio, di chiedere al datore di lavoro di trasformare in stipendio la quota di contributi a loro carico: si tratta del 9,19 per cento della retribuzione, che, per giunta, sarà detassato.

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