La Covip, l’autorità di Vigilanza sulla previdenza complementare e le casse pensioni dei professionisti, ha reso noto il suo ultimo report sui principali dati statistici relativi alla previdenza complementare
Gli iscritti
A settembre 2024, dai dati della Covip, risulta che gli iscritti alla previdenza complementari sono 11 milioni su 24 milioni di lavoratori attivi, il 3,3 per cento in più rispetto alla fine del 2023. A questi se si tolgono coloro che sono iscritti a più fondi il totale degli iscritti scende a 9,880 milioni. In sostanza solo un lavoratore su 4,5 aderisce alla previdenza complementare, ecco perché si cerca di rendere in qualche modo obbligatorio l’iscrizione, visto che l’iscrizione contrattuale al momento non ha comportato alcun beneficio significativo, come presumibilmente non porterà a nulla il tanto sospirato nuovo semestre di “silenzio – assenso”.
I contributi e le risorse in gestione
Nel corso dei nove mesi del 2024, fondi negoziali, fondi aperti e PIP hanno raccolto nel complesso 10,5 miliardi di euro, in crescita del 7,9 per cento sul corrispondente periodo del 2023. Il totale delle risorse destinate alle prestazioni è di 238 miliardi di euro, il 6,1 per cento in più rispetto ai 224,4 miliardi di fine 2023.
Circa i tre quinti dell’incremento è dipeso dall’aumento dei titoli in portafoglio; il resto è dovuto al versamento dei contributi degli iscritti. L’attivo netto è di 73,5 miliardi di euro nei fondi negoziali, aumentato dell’8,3 per cento rispetto alla fine dell’anno precedente.
I rendimenti
Nei nove mesi del 2024 i risultati si confermano positivi, con valori più elevati per le gestioni con un maggiore investimento in azioni.
Valutando i rendimenti su orizzonti temporali più coerenti con le finalità del risparmio previdenziale, nel periodo che ai dieci anni da inizio 2014 a fine 2023 aggiunge anche i nove mesi del 2024, i rendimenti medi annui azionari si collocano intorno al 5 per cento; per le linee bilanciate, i rendimenti medi sono compresi tra il 2 e il 3 per cento.
Le linee garantite e quelle obbligazionarie mostrano invece rendimenti medi intorno all’1 per cento e, in alcuni casi, anche inferiori; le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento medio dell’1,7 per cento.
Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,3 per cento.