Il governo pensa a rendere obbligatoria la rendita complementare. Se c’è l’addio al capitale accumulato, ci sarà una fuga dai fondi.
Attualmente al raggiungimento dei requisiti per la pensione obbligatoria, se si hanno almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare(oppure tre anni per i lavoratori in mobilità nei paesi dell’Unione Europea), si può scegliere quale tipo di prestazione ottenere:
✓ trasformare la posizione individuale tutta in rendita, ricevendo così una pensione complementare per tutta la vita
✓ ottenere fino a un massimo del 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione e il restante in rendita
✓ liquidare tutta la posizione in capitale, se si rientra nei casi previsti dalla legge, cioè se il montante accumulato è esiguo o se si è un ‘‘vecchio iscritto’’(cioè se si ha aderito prima del 29 aprile 1993 a un fondo pensione già istituito alla data del 15 novembre1992).
Nelle considerazioni del presidente della Covip, l’autorità di vigilanza sulla previdenza complementare, presentata a Roma il 19 giugno 2024, risulta che nel 2023 le uscite per la gestione previdenziale hanno totalizzato 11,6 miliardi di euro, 300 milioni in più rispetto all’anno precedente. Sono state erogate prestazioni pensionistiche in capitale per 4,5 miliardi di euro e in rendita per 400 milioni di euro. Come si vede una sproporzione enorme a dimostrazione di come la maggioranza degli iscritti alla previdenza complementare ambisce ad ottenere semplicemente un Tfr più ricco perché rimpolpato dai rendimenti finanziari e dal contributo aziendale oltre che ai benefici fiscali.
Ora il governo corre al riparo per incentivare prima di tutto l’adesione alla previdenza complementare che ha convinto solo un quarto dei lavoratori italiani, dipendenti e autonomi e poi convincerli ad usufruire della rendita anzicchè del capitale.
Secondo come riferisce businessonline.it, due sarebbero le soluzioni, un po’ estemporanee in verità, che il governo vorrebbe adottare
- Incentivare la liquidazione del fondo pensione come rendita
- nuovo semestre di silenzio-assenso
Al momento non si parla più dell’utilizzo forzoso del 25% del Tfr in favore della previdenza complementare.
La prima modifica sui fondi pensione che il governo vorrebbe introdurre con la nuova legge quadro è incentivare la loro liquidazione come rendita.
Quasi tutti gli iscritti alle forme di previdenza complementare, quando vanno in pensione, chiedono la restituzione di tutto il capitale. L’intenzione del governo è trasformare la somma accumulata negli anni in una rendita vitalizia.
L’idea è quella di non pagare, cioè, tutti i soldi accumulati dai singoli lavoratori nel corso della loro vita lavorativa in un’unica soluzione ma liquidarli regolarmente nel tempo.
Trasformare il montante in rendita, come proposto dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, potrebbe far considerare anche la previdenza complementare nel calcolo per i requisiti minimi per la pensione.
Tfr e nuovo semestre di silenzio-assenso, cosa prevede la modifica
La seconda modifica prevista per i fondi pensione nel 2025, su cui il governo punta particolarmente, è l’introduzione di un semestre di silenzio assenso per destinarvi il Tfr.
I tecnici vorrebbero, infatti, far partire il silenzio-assenso di 6 mesi dal prossimo gennaio. Se così effettivamente sarà, i lavoratori che lasciano il Trattamento in azienda dovranno esprimere entro sei mesi la loro volontà o di continuare a versarlo lì o di metterlo nel fondo di categoria.
Se nulla sarà esplicitamente dichiarato, il lavoratore diventerà silente e il Tfr passerà automaticamente nel fondo pensione.