L’unica novità in tema di welfare contenuta nella legge di Bilancio 2018 in via di approvazioneè il rilancio della complementare per i lavoratori del pubblico impiego
Sul fronte del welfare aziendale del settore privato la doppia operazione avviata con le leggi di Stabilità 2016 e di Bilancio 2017 aveva già fatto molto. C’era però chi si attendeva almeno un passo indietro sull’incremento della tassazione (dall’11% al 20% deciso con la manovra 2014) per i rendimenti dei fondi pensione. Così non è stato. In compenso qualcosa si farà per i dipendenti pubblici, che saranno equiparati ai dipendenti del settore privato. Si applicheranno quindi anche al pubblico le norme dell’articolo 8 del Dlgs 252/2005 e l’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del Tuir, i quali prevedono la deducibilità dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente alle forme di previdenza complementare nella misura massima di 5.164,57 euro.
L’equiparazione scatterà dal primo gennaio e riguarderà anche la tassazione delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 11, comma 6 del Dlgs 252/2005: una tassazione a titolo di imposta del 15% e una ulteriore riduzione dello 0,30% dell’aliquota base per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%. Per i dipendenti pubblici che verranno assunti dal primo gennaio 2019 si estenderà anche la norma del cosiddetto silenzio-assenso: le parti istitutive dei fondi di previdenza complementare potranno regolamentare le modalità di adesione anche mediante forme di silenzio-assenso, e non solo di esplicito consenso come avviene ora.