Il 18 gennaio 2023 è stato presentato alla Camera dei Deputati il decimo rapporto su “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano”.
Esso rappresenta l’unico strumento in grado di mettere a disposizione, in un solo documento, sia una visione d’insieme del complesso sistema previdenziale, nel senso più ampio del termine, del nostro Paese sia di fornire una riclassificazione della spesa inserita nel più ampio bilancio dello Stato, fornendo così a esperti e decisori politici una serie di dati utili alla gestione di una spesa che rappresenta circa il 56% dell’intera spesa pubblica.
Nel Rapporto sono analizzati gli andamenti della Gestione per gli interventi assistenziali (GIAS), quelli della Gestione Prestazioni Temporanee (GPT) per le prestazioni di sostegno al reddito, finanziate dalla produzione e dalla fiscalità generale, quelli relativi al bilancio Inail e la spesa sanitaria. Tutto ciò consente di affinare la separazione tra assistenza e previdenza al fine di consentire interventi più mirati sulle singole componenti di spesa e una migliore comprensione dei fenomeni anche in sede UE.
Si pone anche un tema di equità e sostenibilità del sistema: il 79,2% degli italiani dichiara redditi da zero fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 27,57% di tutta l’IRPEF, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa per le principali voci di spesa di welfare, il cui finanziamento grava quindi sulle spalle degli altri versanti e, in particolare, di quei 5 milioni di contribuenti (pensionati compresi) che dichiarano redditi oltre i 35mila euro. “Da ormai troppi anni stiamo assistendo – commenta Brambilla – a una deformazione del sistema previdenziale italiano che, progressivamente e spesso con la mera finalità di ottenere consenso, trasferisce risorse all’assistenza, anziché razionalizzarne la spesa”.
Portare tutti gli assegni bassi a 1.000 euro, come chiede Forza Italia, dice, “costerebbe più di 27 miliardi. La rivalutazione delle pensioni basse del 120% a 600 euro dall’ultima Legge di Bilancio, a discapito della rivalutazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo non premia il merito ma danneggia proprio quella fascia di pensionati che più ha versato contributi sociali e imposte dirette».
Il Rapporto di Itinerari previdenziali stima che per finanziare sanità e assistenza, nel 2021 siano occorse pressoché tutte le imposte dirette Irpef, addizionali, Ires, Irap e Isost e anche parte di quelle indirette.
Per sostenere il resto della spesa pubblica, secondo il rapporto di Itinerari Previdenziali non rimangono allora che le residue imposte indirette, le altre entrate e soprattutto la strada del “debito”.
“Non sembra rispecchiare le reali condizioni socio-economiche del Paese un dato che vede quasi la metà dei pensionati italiani assistiti, del tutto o in parte dallo Stato. Così come non pare credibile che la maggior parte di queste persone non sia riuscita in 67 anni di vita a versare neppure quei 15/17 anni di contribuzione regolare che avrebbe consentito di raggiungere la pensione minima”. Così Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali,
Per guardare agli anni più recenti,dal 2015 al 2021,essi sono iniziati con un quinquennio di lieve ripresa della crescita, ai quali però cui sono seguiti le conseguenze della pandemia, gli impatti del conflitto in Ucraina e dell’inflazione.
All’interno di questo periodo, nel biennio 2019-2020, ha operato una misura molto discussa decisa dal primo Governo Conte di anticipazione del pensionamento conosciuta come “Quota 100”, a cui per un biennio ha fatto seguito un nuovo provvedimento di uscita anticipata noto come “Quota 102”.Ed ora c’è quota 103, è stata saltata quota 101 e spero che porranno rimedio (ndr).
La spesa per le prestazioni previdenziali del sistema obbligatorio3, cioè l’insieme dei Fondi gestitidall’INPS e dalle Casse Private, nel 2021 è risultata pari a 238,27 miliardi. Nello stesso arco di tempo la “spesa assistenziale” che l’INPS eroga con una specifica “Gestione per gli Interventi Assistenziali” (GIAS)5 è passata da 12,493 miliardi a 40,228 miliardi nel 2021, con incremento totale del 222% e media annua del 3,7%.
Le entrate contributive ammontano a 208,264 miliardi di euro nel 2021.
L’altro aspetto di rilievo è l’andamento decrescente del rapporto tra numero di pensioni
erogate e contribuenti attivi. Ciò significa che, di fronte all’aumento della quota delle persone più anziane sulla popolazione, le riforme volte ad innalzare l’età di pensionamento hanno dapprima
limitato la crescita e poi dal 2008 fatto calare il numero delle pensioni erogate, assumendo quindi il ruolo di principale fattore di contenimento della quota di spesa per pensioni sul PIL.
Attualmente il saldo fra pensioni e contributi non sarebbe eccessivo, circa 30 miliardi, ma spaventa l’enormità della spesa assistenziale che è enorme globalmente, ma è insufficiente per i singoli interventi personali. Si pensi alla pensione minima di 600 euro. Uno stanziamento enorme, ma con 600 euro tuttavia non si vive.