Le vicende della pubblica amministrazione sono diventate negli ultimi anni un ottimo pretesto per slogan mediatici e propaganda politica a basso costo. Per cui, se il Presidente del Consiglio parla in televisione di “furbi che vanno puniti” e “merito non è una parolaccia“, senza far intravedere alcuna misura efficace capace di rendere più efficiente le pubbliche amministrazioni, l’INPS, per bocca del suo Presidente Tito Boeri, parla addirittura di rivoluzione – si veda l’intervista su il Messaggero del 29 luglio 2016.
La rivoluzione in INPS consisterebbe nel “mandar via i superdirigenti” e nell’assunzione di 900 nuovi funzionari. Sulla seconda misura non si può che plaudire, salvo notare che l’assunzione di giovani nella pubblica amministrazione dovrebbe rappresentare non una rivoluzione, ma la normale prassi di ricambio generazionale dei funzionari pubblici. Per cui se di rivoluzione oggi si parla, ciò significa che meccanismi strutturali di buon funzionamento delle pubbliche amministrazioni sono vergognosamente inceppati da lustri. Questo secondo
Etica PA.
Ma ciò che appare veramente stantio é il collegamento fra il “mandar via i superdirigenti” e il concetto di “rivoluzione” . La rottamazione della dirigenza pubblica é uno slogan che assicura da anni (basti ricordare le intemerate del precedente Presidente INPS Antonio Mastrapasqua) gli applausi e il consenso di un’opinione pubblica esasperata dai malfunzionamenti della PA, alla quale, invece di soluzioni adeguate al problema, si preferisce offrire un colpevole per la pubblica gogna.
Invece, al di là del merito delle modificazioni ordinamentali della Tecnosctruttura dell’INPS – di cui parliamo a seguire – l’unica vera rivoluzione occorsa in INPS durante questo mese é costituita dall’ autoriforma della governance dell’Istituto, che, da diarchia dei poteri del Presidente e del Direttore generale, si è trasformata in “Monarchia presidenziale”. Ciò è avvenuto, non in virtù di una legge dello Stato né di qualsivoglia regolamento governativo, ma grazie a un Regolamento di organizzazione emanato dallo stesso Boeri – vedi qui Determinazione n. 89 del 30 giugno 2016 – con il quale, in virtù del comma 2 dell’articolo 6 di tale regolamento, il Presidente potrà adottare gli atti e le decisioni cardine per l’andamento strategico-gestionale dell’Istituto (indirizzo politico-amministrativo, piani pluriennali, dotazioni organiche, bilanci, criteri generali di investimento e disisnvestimento, assetti ordinamenti e ristrutturazioni organizzative dell’Istituto, affidamento d’incarichi di responsabilità dirigenziale generale) a prescindere dalla volontà del Direttore generale, i cui atti nei confronti del Presidente acquisiranno da oggi in poi valore di “istruttoria” o di “proposta, con carattere obbligatorio e non vincolante”. Si tratta di uno stravolgimento – operato dallo stesso titolare dei poteri che adotta il regolamento- dei principi posti dal decreto legislativo n. 474 del 1994 (vedi qui) che delineò il sistema di governance degli Enti previdenziali pubblici e che, fra l’altro, attribuì la natura di “organo” alla figura del Direttore generale. A prescindere dalle mai risolte problematiche della governance degli Enti previdenziali ( vedi qui “La ventennale discussione sulla governance degli enti previdenziali”), la “rivoluzione” di Tito Boeri ha provocato l’effetto di risvegliare il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS (l’altro Organo di vertice dell’Istituto) dal sonno istituzionale in cui è caduto da molti anni: l’organo rappresentativo degli iscritti previdenziali e dei datori di lavoro – in teoria controllore dell’operato del Presidente – con la deliberazione n. 11 del 26 luglio ultimo scorso (vedi qui) ha diffidato Tito Boeri a “ritirare nel termine di tre giorni …la determina presidenziale n. 89 dello scorso 30 giugno“, salvo in caso di diniego “ricorrere all’autorità giudiziaria amministrativa“. Vedremo quali saranno gli sviluppi dell’ennesima lotta fra gli Organi di vertice che dilania l’INPS da anni, ma è sicuro che siamo in presenza di un evidente caso di malamministrazione, in cui decisioni di enorme valore istituzionale vengono adottate da un solo soggetto, in assoluta solitudine e senza che alcun altra autorità istituzionale sia dotata di forza sufficiente per fare da contrappeso e controllo alla volontà di un singolo Organo monocratico.
La “rivoluzione” della tecnostruttura dell’INPS, di cui parla Tito Boeri al Messaggero, va, pertanto, inquadrata nel nuovo contesto istituzionale su delineato: per cominciare, su tale determinazione, il Direttore generale, Massimo Cioffi, si è dichiarato in netto disaccordo, valendo per lui la proposta avanzata lo scorso 23 gennaio (vedi qui slide) e strutturata in maniera completamente diversa da quella che oggi Boeri sta emanando ( si veda qui la bozza di Ordinamento delle funzioni centrali e territoriali INPS). Nell’evidente caos istituzionale fra gli Organi di vertice dell’INPS, il Presidente Boeri solletica l’istinto populista dei media dichiarando che i posti dirigenziali generali dell’Istituto saranno ridotti da 48 a 36 (il direttore Cioffi aveva proposto una dotazione di 46 posti) e presenta questa misura come strumento contro gli sprechi e razionalizzazione della struttura appesantita dalle acquisizioni di personale dai disciolti INPDAP e ENPALS: vano qualunque ragionamento avanzato dai sindacati (vedi Comunicato Cida Inps del 18 05 2016) sulle evidenze secondo le quali nel quinquennio 2008-2013 sono già stati effettuati tagli pari al 30% delle forze dirigenziali precedenti. Nè dovrebbe costituire scandalo il fatto che, proprio in virtù di carichi istituzionali incrementati, l’INPS possa ragionevolemente dotarsi – come altri Enti pubblici di uguale importanza – del parterre dirigenziale di vertice indispensabile per amministrare 23 milioni di assicurati, 22 milioni di pensioni e un budget di 800 miliardi di euro fra entrate e uscite, pari a tre volte il PIL della Grecia. Ma, comunque, anche a prescindere dal numero complessivo dei posti dirigenziali previsti – e a voler dare atto dell’unico aspetto positivo della ristrutturazione, consistente nel potenziamento degli uffici dirigenziali di vertice sul territorio nazionale (che vengono portati a 22 sui 36 complessivamente previsti) – va evidenziato che: a) il dimezzamento dei posti centrali (dai 31 attuali, fra direzioni centrali e strutture di progetto, a 14) determina un taglio violento alle funzioni di raccordo e coordinamento della direzione generale: la conseguente riorganizzazione dei servizi procurerà forti e prolungate difficoltà, confusione e tensioni all’interno degli uffici; b) c’è un oggettivo pregiudizio sfavorevole nei confronti della dirigenza dell’Istituto, rappresentato dal fatto che la determinazione presidenziale dei criteri di preposizione agli incarichi dirigenziali (vedi bozza) precorre i criteri posti dalla legge 124/2015 per il conferimento degli incarichi dirigenziali all’interno del ruolo unico: dà, cioè, la possibilità di accesso ai posti dirigenziali in INPS ai dirigenti di altri uffici pubblici, ma ciò avviene in direzione a senso unico: ossia, mentre il varo futuro del ruolo unico consentirà anche ai dirigenti dell’INPS di candidarsi, come tutti, ai posti dirigenziali disponibili nelle varie Amministrazioni centrali, oggi, in assenza della norma di legge in questione, la decisione di Boeri consente che siano messi in disponibilità comune solo i posti dirigenziali INPS, con conseguente danno e discapito della dirigenza interna.
Ma ci sono due “particolari” , che risultano “dispersi” fra tanto materiale posto in cottura e che riescono a infiltrarsi di soppiatto senza attirare l’attenzioni dei più: nella furia “censoria” dell’eliminazione dei posti dirigenziali centrali, scompaiono due direzioni centrali la cui autonoma profilazione organizzativa costituiva atto di politica amministrativo-aziendale di rilevanza strategica: la Direzione centrale del credito e welfare (che scompare dentro una struttura centrale per servizi assistenziali) e la Direzione centrale organizzazione (che viene fagocitata nella D.C. organizzazione e sistemi informativi). L’eliminazione della D.C. credito e welfare rappresenta uno dei simboli più evidenti del fatto che la cosiddetta “integrazione” con i servizi istituzionali già curati dall’INPDAP sia stata gestita in INPS in termini di pura occupazione ed emarginazione: ben lungi dall’essere un servizio “assistenziale”, il servizio credito e attività sociali é completamente autonomo dai finanziamenti statali, perché finanziato da ritenute sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici e dagli interessi dei mutui edilizi erogati; ha margini di profitto capaci di consentire il finanziamento, in termini di varie centinaia di milioni di euro, di servizi assistenziali a favore dei figli dei dipendenti e dei familiari (vedi in proposito il Regolamento che istituì questi servizi sociali – clicca qui). Con questo servizio autofinanziato dai lavoratori pubblici, intere generazioni di impiegati hanno potuto acquistare casa attraverso mutui e sovvenzioni a tasso agevolato e sarebbe stato bello sapere che il Presidente dell’INPS avesse in animo di estendere tale servizio di welfare anche ai lavoratori privati!! Ma c’è un piccolo particolare!!! Questo servizio pubblico entra oggettivamente in rotta di collisione con gli interessi degli Istituti di credito, i quali soffrono un concorrente che offre tassi di favore sulle fasce basse di utenza potenziale!!! Ahi, ahi ahi!!!!!……. Sulla fusione fra organizzazione e informatica vale spendere un semplice concetto: l’informatica è parte, seppure strategicamente rilevante, del contesto generale dell’organizzazione di un’azienda, tuttavia le logiche intrinseche di un’organizzazione intercettano altri rilevanti fattori, quali le risorse umane, l’articolazione degli uffici, i fabbisogni dell’utenza, le sinergie possibili con altre realtà aziendali. Allora perché sussumere una tale funzione generale al solo contesto informatico, deputato per definizione a fornire gli strumenti per una migliore organizzazione aziendale? Può essere utile per comprendere questa circostanza il fatto che l’INPS destina annualmente 350 milioni di euro per la spesa informatica ( vedi qui)? Si può nutrire qualche dubbio sul fatto che una simile capacità di spesa non ecciti fortemente gli interessi commerciali dei potentissimi player informatici di questo Paese?
Ecco, noi pensiamo che Tito Boeri, al di là e a prescindere da tutto il resto, avrebbe potuto astenersi dall’accorpamento di queste due
Giuseppe Beato
funzioni centrali, proprio in un momento in cui gli accertamenti della Magistratura stanno facendo emergere cointeressenze irregolari e coinvolgimenti in “comitati d’affari” da parte di un precedente Direttore generale INPS (Vittorio Crecco, Direttore INPS dal 2003 al 2008) – vedi sul tema clicca 1, clicca 2, clicca 3. Non nutriamo dubbio alcuno, sia detto qui con la massima serietà, sull’integrità personale del Presidente Boeri: tuttavia, questi due suoi provvedimenti non corrono certo nella direzione del perseguimento dell’interesse della collettività , ma si acclarano per il loro sostanziale atteggiamento “amichevole” nei confronti dei poteri economici forti di questo Paese, da tempo interessati ai destini dell’Ente pubblico che gestisce le pensioni e gran parte dell’assistenza agli italiani.
Giuseppe Beato