Nell’asta del 10 agosto 2016, giorno delle stelle cadenti e anche dei tassi, il rendimento dei Bot annuali è sceso al nuovo minimo storico – 0,190%, anche se, per motivi che sfuggono alle persone normali, sono stati assegnati tutti i 6 miliardi di euro con una domanda che addirittura ha superato i 10,5 miliardi. Naturalmente questo non fa piacere a coloro che devono investire per remunerare il capitale o quanto meno farlo rimanere inalterato. Per questo in tutto il mondo i fondi pensione cercano alternative ai tradizionali asset con cui far fruttare i contributi dei propri iscritti. L’attenzione viene puntata sull’immobiliare, gli hedge fund o, soprattutto, all’economia reale. In Italia il tema è ancora più sentito: il Tfr dei lavoratori italiani esce dalle casse delle aziende, soprattutto le piccole, che lo utilizzano come strumento di liquidità, per finanziare le società multinazionali. Molti vanno sul sicuro scegliendo Apple o Google, Enpam ha deciso di investire nella sede che Amazon sta costruendo a Londra.
ma per quanto riguarda l’Italia da anni si discute come trovare forme che attirino gli investimenti dei fondi pensione (soprattutto quelli di categoria); ma ora con la forte discesa dei rendimenti dei titoli di Stato – che rappresentano la metà circa del portafoglio dei fondi pensione – è urgente la ricerca di maggiori performance per continuare a garantire rendite pensionistiche sempre adeguate.
Un paio di anni fa si era quasi sul punto di aver trovato una soluzione. Le associazioni dei fondi pensione e il ministero dell’economia avevano delineato i contorni di un fondo dei fondi, chiamato a investire in strumenti dell’economia reale: grandi progetti infrastrutturali ma anche private equity, venture capital, mini-bond e private debt. Il progetto si è bloccato quando l’Esecutivo ha deciso di innalzare la tassazione sui rendimenti annui dei fondi pensione dall’11,5% al 20%.
Secondo il Sole 24ore comunque il 25% dei fondi pensa di aumentare nel giro di un anno l’esposizione verso fondi di hedge fund, nel comparto immobiliare e nel private equity. Nel nostro Paese le percentuali sono addirittura più elevate: rispettivamente al 67% (per gli hedge) e al 52% (per immobiliare e private equity). Vi è inoltre un forte interesse (91%) per gli investimenti in tematiche ambientali, sociali e di governance (Esg, Environmental, social and governance) a riprova della necessità di cambiare strategia.
Alla ricerca di nuovi asset
Una ricerca realizzata da Aberdeen in collaborazione con Mondo Institutional che ha coinvolto 23 Enti previdenziali italiani conferma che gli investimenti in immobili dominano tra gli alternativi presenti nei portafogli degli intervistati: il 70% li possiede una quota che supera il 10% del patrimonio complessivo. Anche il private equity è ben rappresentato, visto che il 45% ha già quote di fondi in portafoglio, seguito dal private debt (40%), dalle infrastrutture (35%) e dagli hedge fund o fondi Ucits con strategia alternativa o absolute return (30%). Ma in attesa di vedere l’esatto andamento della nostra economia i soldi prendono ancora la via dell’estero. E’ una specie di cane che si morde la coda. Più l’economia non si riprende, più gli investitori puntano negli altri paesi, così si portano risorse fuori che impoveriscono si più la nostra economia. Solo una politica attiva e di garanzia può spezzare questo diabolico circolo vizioso.