La Corte dei Conti, sezione di controllo degli Enti, dopo aver esaminato il conto consuntivo dell’Inps, relativo all’esercizio finanziario 2015, nonché le relazioni del Presidente e del Collegio dei sindaci, nell’adunanza del 9 febbraio 2017; dall’esame della gestione e della documentazione relativa all’esercizio 2015 e dall’azione di controllo sino a data corrente, è risultato che resta necessario un intervento del legislatore di revisione delle norme primarie e regolamentari che disciplinano l’attività dell’Inps, in un’ottica di razionalizzazione e coordinamento delle varie disposizioni, che allo stato risentono di una stratificazione normativa che ha condizionato lo stesso disegno di creazione di un grande polo della previdenza pubblica.
In questo ambito si colloca la necessità di una riforma della governance dell’Inps che parta dalla revisione di funzioni e compiti dei tre principali organi – di indirizzo e vigilanza, di rappresentanza legale dell’ente, di indirizzo politico-amministrativo – che, insieme al direttore generale, compongono quel particolare assetto duale disegnato dal legislatore per gli enti previdenziali pubblici. D’altro canto, l’accentramento nella figura del presidente dei compiti prima spettanti al consiglio di amministrazione ad opera del decreto legge n. 78 del 2010 non sembra, alla prova dei fatti, aver risolto i profili di problematicità del sistema di governo, anche nei rapporti tra gli organi dell’Istituto.
Il presidente dell’Inps, nominato nel febbraio del 2015, nel corso del 2016 ha adottato il nuovo regolamento di organizzazione dell’ente che, oltre a dettare le linee fondamentali di
funzionamento dell’Istituto, declina le competenze del presidente – anche in quanto titolare di quelle già affidate al Consiglio di amministrazione – e quelle del direttore generale. All’adozione del regolamento di organizzazione ha fatto seguito l’emanazione di altri provvedimenti di particolare rilievo. Si tratta delle determinazioni relative all’Ordinamento delle funzioni centrali e territoriali dell’Inps e ai criteri e modalità per il conferimento degli incarichi dirigenziali.
Provvedimenti, gli uni e gli altri, collegati da un disegno comune inteso alla razionalizzazione dell’organizzazione centrale dell’Istituto, attraverso un importante ridimensionamento del numero delle direzioni centrali di livello dirigenziale generale ed il contestuale rafforzamento delle strutture territoriali di pari livello. Un disegno volto, in definitiva, almeno nelle intenzioni, ad “avvicinare” l’Inps alle istituzioni locali e allo stesso cittadino, tenuto anche conto della peculiarità dei bacini di utenza di ciascuna realtà locale e della necessità di implementare le attività di vigilanza documentale. Si completa, così, a livello regolamentare, l’assetto strutturale entro il quale l’Istituto dovrà, nei prossimi anni, operare.
Le entrate contributive sono pari a 214,79 md e segnano un incremento di 3,32 md sul precedente esercizio. L’importo più rilevante continua ad essere costituito dall’apporto della gestione lavoratori del settore privato – comprensiva anche di autonomi, parasubordinati e lavoratori iscritti alla gestione ex Enpals – pari a 159,44 md, in aumento rispetto ai 155,88 md del 2014 (+2,3per cento). Le entrate contributive della Gestione lavoratori del settore pubblico risultano pari a 55,35 md, con una diminuzione di 227 ml rispetto al 2014.
La spesa per prestazioni istituzionali ammonta a 307,83 md, con un incremento rispetto all’anno precedente di 4,43 md ascrivibile principalmente all’aumento della spesa per pensioni (+4,26 md), pari a 273,07 md. Le pensioni vigenti sono oltre 21 milioni, di cui circa l’82 per cento previdenziali; i restanti trattamenti sono costituiti da prestazioni di natura assistenziale, il cui onere è posto a carico della fiscalità generale. Nel corso del 2015 sono state liquidate 671.934 nuove prestazioni previdenziali e 571.386 nuove prestazioni assistenziali, con un incremento rispettivamente dell’8,5 per cento e del 6,2 per cento rispetto al 2014. Le misure a sostegno del reddito dei lavoratori nei
casi di sospensione ovvero riduzione dell’attività lavorativa ammontano a 34,76 md, con un incremento di 173 ml rispetto al 2014.
Gli aggregati più significativi delle gestioni amministrate dall’Inps evidenziano, come già
rappresentato, un aumento delle contribuzioni non sufficiente a compensare l’incremento delle prestazioni istituzionali che incidono negativamente sugli equilibri della quasi totalità delle gestioni. I due maggiori fondi, Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) ed ex Inpdap, contribuiscono, rispettivamente, per –8,8 md e per -4,4 md al risultato economico generale, rimanendo, invece, inalterato l’apporto positivo di contenimento del disavanzo dei parasubordinati (7,56 md) e delle prestazioni temporanee (2,69 md);
La gestione finanziaria di competenza dell’Istituto si chiude con un avanzo di 1,43 md (-7,01 md nel 2014) determinato dalla somma algebrica di un risultato di parte corrente negativo per 3,43 md e di parte capitale positivo per 4,86 md. Al risultato contribuisce l’apporto dello Stato a titolo di trasferimenti pari a 103,77 md, in aumento sul precedente esercizio di circa 5,33 md, che compensa ampiamente il margine negativo tra l’aumento delle entrate per contributi e spese per prestazioni, pari a 1,1 md.
Concorre, altresì, a questo andamento il contributo statale in conto capitale di 3,5 md per la cancellazione di debiti per anticipazioni di tesoreria a favore della gestione pubblica (già oggetto nel precedente esercizio di un ripiano a titolo definitivo pari 21,67 md).
L’avanzo di amministrazione è anch’esso in aumento e si attesta su 36,79 md (35,74 md nel 2014) per effetto dell’aumento del fondo di cassa per 12,82 md, parzialmente compensato dalla differenza tra l’incremento dei residui attivi e passivi, negativa per 11,775 md.
Sul versante economico patrimoniale si assiste a una situazione in peggioramento rispetto al precedente esercizio. Lo scostamento tra i saldi finanziari e quelli economici è dovuto principalmente all’andamento dei residui attivi.
Resta, nel giudizio della Corte dei conti, necessario un intervento del legislatore di
revisione delle norme, primarie e regolamentari, che disciplinano l’attività dell’Inps, in un’ottica di razionalizzazione e coordinamento delle varie disposizioni, che allo stato risentono di una stratificazione normativa che ha condizionato lo stesso disegno di creazione di un grande polo della previdenza pubblica.
L’incorporazione nell’Inps dell’Inpdap e dell’Enpals si è, infatti, realizzata in un fragile e risalente quadro normativo che ha determinato, nonostante l’impegno profuso dalla struttura di governo e amministrativa, problemi di rilevanza non secondaria nell’assetto organizzativo e nelle funzioni.
Si è trattato di gestire un percorso di integrazione reso particolarmente complesso dalla necessità di inglobare nell’Istituto le risorse umane, le strutture e le stesse procedure operative degli enti soppressi, tutto ciò in presenza di norme che nulla di più hanno disposto oltre al sancire la fusione tra gli enti in parola. Basti pensare, con riguardo ad un assetto strategico quale è quello della dirigenza generale, come non si sia potuto o saputo cogliere l’obiettivo di una effettiva opera di razionalizzazione, tradottasi invece in una sommatoria di posti di funzione, con l’individuazione di sfere di competenze a volte troppo ampie oppure tra loro sovrapposte.
E’ questo l’ambito in cui si colloca la necessità, anche questa più volte ribadita, di una riforma della governance dell’Inps.
Con riguardo al Civ, la Corte dei conti nelle relazioni riguardanti i precedenti esercizi ne ha sempre evidenziato due principali profili di problematicità che, seppur relativi ad ambiti diversi, sono tra loro strettamente collegati, in quanto entrambi connessi alla ricerca di un più adeguato bilanciamento dei poteri, coerente con il funzionamento del sistema duale.
Il primo profilo attiene all’eccessiva consistenza numerica dell’organo, nel senso di ritenere che una maggior compattezza dimensionale, unita ad una semplificazione delle procedure di nomina, non potrebbe non giovare ad un rafforzamento del suo stesso ruolo. Il secondo ha riguardo alla necessità di un intervento normativo che meglio ne definisca responsabilità e compiti e che consenta – come più volte ribadito – maggiore esigibilità ai poteri di indirizzo strategico e vigilanza dell’organo in parola.
Quanto al direttore generale (posto a capo della complessa struttura organizzativa in cui è articolato l’Istituto), permane la sua qualificazione come organo dell’ente in un assetto che convive e va declinato con il principio recato dal d.lgs. n. 165/2001, di separazione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e controllo, da un lato, e di gestione amministrativa dall’altro.
Non può, peraltro non osservarsi come, nell’attuale assetto, i rapporti tra le due funzioni (entrambe monocratiche) e l’esercizio delle rispettive competenze siano resi ancor più complessi di quanto, si ritiene, potrebbe accadere in presenza di un organo collegiale composto da un ristretto numero di soggetti in possesso di elevata professionalità e specifica competenza, dove possano trovare naturale composizione l’attuazione degli indirizzi dell’organo di vertice con il generale potere di proposta che l’Ordinamento intesta al direttore generale.
La XVII legislatura vede presentate più proposte di legge di riforma del governo dell’Istituto che contengono novità su molti aspetti, ad iniziare dalla reintroduzione di un Consiglio di
amministrazione a ristretta composizione, come del resto suggerito – sia pure a livello di opzione – da autorevoli esperti e, in differenti occasioni, auspicato dello stesso presidente in carica dell’Istituto.
Quanto, infine, alla vigilanza ministeriale appare da ripensare – ai fini dello stesso effettivo
riconoscimento dell’autonomia dell’Inps – un modello di vigilanza incentrato esclusivamente sul controllo di singoli atti, pur se “assistiti” da immediata esecutività.
I provvedimenti riorganizzativi fatti dal presidente presentano alcuni delicati
profili interpretativi oggetto di ripetuti rilievi da parte del Collegio dei sindaci e di osservazioni dei Ministeri vigilanti, alcune delle quali non recepite, ancorché di spessore e – a giudizio anche della Corte dei conti – di rilievo per il buon andamento e la trasparenza del percorso di riforma e della stessa azione amministrativa.
All’adozione degli atti medesimi si è poi giunti in esito a un percorso procedimentale alquanto tormentato cui non sono rimasti estranei aspetti di criticità nei rapporti tra organo deliberante (presidente) e organo titolare di un potere di proposta espressamente previsto dalla legge (direttore generale), che si sono sostanziati in un dissenso su procedura e contenuto delle relative determinazioni presidenziali, cui non è rimasto estraneo lo stesso Civ.
Avverso il Regolamento di organizzazione, l’organo di vigilanza ha, infatti, proposto ricorso al giudice amministrativo (tuttora pendente innanzi al Tar del Lazio) ritenendo, dall’insieme delle disposizioni che regolano i rapporti tra gli organi, lese le proprie prerogative istituzionali, con riferimento, in particolare, alle funzioni del direttore generale laddove è previsto che debbano essere esercitate “nel rispetto dei criteri generali e delle direttive impartite dal presidente” e non anche del Civ.
Lo stesso provvedimento presidenziale di determinazione dei criteri e delle modalità per
l’affidamento degli incarichi dirigenziali generali genera perplessità nella parte in cui istituisce una commissione di tre esperti esterni chiamati ad esaminare le candidature dei dirigenti di prima fascia ai posti di funzione, con il compito di operare una sorta di preselezione (attraverso l’individuazione di una rosa di almeno tre candidati ovvero, limitatamente agli uffici territoriali, di un elenco di idonei) rispetto alle determinazioni del direttore generale che si sostanziano, per legge, nel dovere/potere di proposta al presidente dei dirigenti da promuovere o cui attribuire le relative funzioni.
Ancorché il provvedimento stabilisca che questa attività “ha valenza istruttoria e non vincola la valutazione comparativa rimessa ai predetti organi”, sembra delinearsi un procedimento non esente da incongruità, in quanto la commissione viene di fatto ad assumere contorni non ben definiti tenuto conto che essa, se da una parte è chiamata a valutare i candidati ritenuti maggiormente idonei, dall’altra consegna una risultanza istruttoria ad una diversa valutazione degli organi. La discrezionalità tecnica rischia di distribuirsi, pur nei diversi livelli di competenza, su tre soggetti diversi (commissione, direttore generale e presidente) con possibili effetti di crescita esponenziale del
contenzioso nella materia.
Importante, nel complesso, è la contrazione del numero degli uffici dirigenziali generali centrali che passano dai trentadue del precedente Ordinamento (ivi compresi i tredici Progetti temporanei istituti con determinazione commissariale del 2014) ai quattordici del 2016, di cui due qualificati come direzioni sperimentali di innovazione strategica. A livello territoriale la presenza dell’Istituto si articola in Direzioni regionali, Direzioni di
coordinamento metropolitano, Direzioni provinciali, Filiali metropolitane, Filiali provinciali,
Agenzie e Punti Inps.
Alle Direzioni regionali, tutte di livello dirigenziale generale fatta eccezione per la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige, è affidata la responsabilità complessiva della gestione e dei risultati conseguiti per l’ambito territoriale di competenza.